Relazione di Paolo Antonio Amadio
Cita da SEGRETERIA su 11/03/2023, 3:00 pmBuongiorno
allego il mio contributo
"Scelte propedeutiche all’introduzione delle forme di democrazia diretta"
paolo antonio amadio
Vedi la relazione Scelte-propedeutiche-allintroduzione-delle-forme-di-democrazia-diretta.pdf
Buongiorno
allego il mio contributo
"Scelte propedeutiche all’introduzione delle forme di democrazia diretta"
paolo antonio amadio
Vedi la relazione Scelte-propedeutiche-allintroduzione-delle-forme-di-democrazia-diretta.pdf
Cita da Ospite su 14/03/2023, 12:31 amComplimenti per la proposta.
Ottime domande.
Spero possano dipanare alcuni dubbi e a fare pensare sulle risposte.
Pensiero personale, non indotto da altri.
Nicola
Complimenti per la proposta.
Ottime domande.
Spero possano dipanare alcuni dubbi e a fare pensare sulle risposte.
Pensiero personale, non indotto da altri.
Nicola
Cita da Pino Strano su 14/03/2023, 10:34 amSì, ottime domande.
Credo che il modo migliore di apprezzare le domande sia cercare di dare loro una risposta.
Bisogna però che ci capiamo. Questa tavola rotonda non è centrata sui desiderata al fine di realizzare un sistema democratico ottimale. Se lo fosse stata allora, personalmente, non avrei neanche parlato di referendum. Avrei parlato di parlamento, o agora, globale (ogni cittadino un membro del parlamento), di diritto alla delega individuale e sempre revocabile per qualsiasi incarico esecutivo o di rappresentanza, di diritto di accesso e trasparenza assoluta di tutti gli atti pubblici e in particolare di governo, di diritto di accesso ai canali di comunicazione orizzontali e verticali e di suddivisione quantitativa delle risorse per la partecipazione. Magari organizzeremo un prossimo convegno su questo. Perchè queste tracce generali necessitano di specifici chiarimenti e risposte ad ovvi problemi che devono e possono essere chiariti e risolti nella loro implementazione.
Qui, ab origine, abbiamo limitato il campo agli strumenti referendari possibili e innestabili nella nostra traballante, ambigua e tuttavia (forse proprio per questo) non rispettata costituzione. L'unico articolo che sembra non sia stato (ancora) vituperato è forse l'art.12.
Alla luce di quanto sopra, ecco le mie personali risposte.- intendiamo proporre forme di democrazia diretta per interagire cooperativamente con i
rappresentanti che sceglieremo, in un domani che sappiamo immaginare e vogliamo costruire,
oppure lo facciamo per bypassare antagonisticamente i parlamentari di oggi, che non
rappresentano alcuno?Non fa molta differenza. Gli strumenti referendari dovrebbero consentire al popolo di esercitare la propria sovranità, direttamente, anche al fine di scegliere e modulare il tipo di relazione che si intende avere con i rappresentanti e il parlamento tutto. L'antagonismo non è verso i parlamentari di oggi, che finche persisterà la mancanza di ruolo reale e di esercizio della sovranità popolare, a mio parere resteranno necessariamente simili a quelli di domani.
- consideriamo le forme di democrazia diretta complementari oppure alternative rispetto a quelle della democrazia indiretta?
Vexata questio. Se usciamo dalle secche delle definizioni sostanzialmente indefinite di cosa sia la democrazia, e aderiamo, come io aderisco, alla visione procedurale della democrazia (come definita per es. da Anna Pintore e altri “proceduristi”), la democrazia rappresentativa è solo un caso particolare della democrazia “diretta”. “Diretta”, è tra virgolette, perchè a rigore non esiste niente di “diretto”. Tra la mia volontà e l'espressione efficace della stessa esiste sempre una mediazione, persino quando alzo la mia mano per dire sì o no. Essendo fondamentale soltanto che la volontà espressa sia la “mia” e non quella dello strumento che uso (che sia la mia mano, o la voce del rappresentante, o la manina su una chat). E' il controllo di questo processo che è fondamentale, il cosiddetto feedback, del processo cibernetico che rappresenta qualsiasi ciclo di governo. Nel caso di un governo di soli rappresentanti esso può essere ancora definito democratico se la regola della rappresentanza è modificabile su volontà “diretta” del popolo. Diversamente essa è una forma di oligarchia elettiva. (*)
Ma senza divagare, capendo il senso della domanda direi, che, in questa sede va considerata come complementare. Fermo restando che se gli strumenti referendari fossero efficaci, allora attraverso questo strumento si dovrebbe poter anche cambiare la regola della rappresentanza. Per questo motivo, appoggio questa iniziativa e i suoi futuribili sviluppi.- intendiamo rispettare il divieto costituzionale sul “vincolo di mandato”?
Senza modificare alle radici l'intero impianto costituzionale, è inevitabile, e forse persino opportuno, rispettare questo divieto. Anzi bisognerebbe cercare di fare in modo che veramente lo fosse rispettato, visto che l'unico divieto che viene praticato è quello verso il corpo elettorale, che viene indiscutibilmente tradito ad ogni tornata elettorale per adeguarsi al volere delle segreterie da cui dipendono i ruoli degli eletti e la loro stessa ricandidabilità.
Un vincolo di mandato richiederebbe l'individuazione specifica dei mandatari, cosa credo irrealizzabile col voto segreto. Tuttavia per i ruoli monocratici, la revocabilità, potrebbe essere praticata. Non tanto per il mancato rispetto del vincolo (impossibile da giudicare in maniera oggettiva e indiscutibile), ma per la inadeguatezza o la sgradevolezza giudicata e valutata dallo stesso corpo elettorlae che lo ha assegnato.
- consideriamo importante verificare la coerenza tra le forme di democrazia diretta e il sistema elettorale?Mi sembra importante, sì.
- ci impegniamo a proporre soluzioni specifiche a partire da una descrizione condivisa della storia/situazione/prospettiva del paese, oppure preferiamo importare modelli che ci sembrano più virtuosi del nostro e innestarli nella nostra realtà?Nessuno veramente inventa cose del tutto nuove. O molto, ma molto, raramente. Inevitabilmente, e anche giustamente, si parte sempre da ciò che si conosce già, da ciò che esiste già. Chiaramente qualsiasi cosa si inventi, va adeguata alla nostra realtà. Per cui credo sia bene fare tesoro delle esperienze altrui, ma avendo ben chiaro ilo specifico del nostro paese.
- ci impegniamo a verificare la coerenza di ciascuna proposta, in questo caso i referendum, con l’intera proposta delle forme di democrazia diretta?
Per quanto mi riguarda, certamente..
- siamo pronti ad affidare a un gruppo/associazione il ruolo trainante su una specifica proposta – p.e. referendum – insieme alla responsabilità di coordinare le diverse istanze su quell’argomento e a sostenerne l’operato, oppure intendiamo usare il consesso per far prevalere una istanza, la nostra?Questo confesso di non capire bene cosa si intenda.
Credo sia logico arrivare a costituire, se non un gruppo interamente omogeneo, almeno un chiaro e rispettato coordinamento sul tema. Ed è normale che ciascuno, gruppo o individuo, lavori per affermare le proprie convinzioni o proposte o istanze. La sfida è proprio questa: riuscire a trovare unità, nella diversità. Vecchio slogan (abilmente depotenziato e svalutato anche questo), ma assolutamente vero. La scelta di preferire una o l'altra organizzazione come perno del ccordinamento, è possibile, dipendendo dalla qualità della associazione che riuscisse realmente ad essere strumento e non padrone. Credo che qualsiasi associazione avesse questo ruolo, dovrebbe anche accettare una crisi trasformativa interna. Ma non escludo questo.
- ci impegniamo a fare una ricerca su quante associazioni di cittadinanza attiva si stanno occupando del nostri stessi temi e con quali proposte?
Certamente. Io, noi di “Scelgo Io!”, e credo anche altri lo facciamo e speriamo lo faremo ancora meglio. Per altro non siamo i soli a farlo.
- siamo disponibili a scegliere tra diverse proposte, ciascuna dei quali esprima un chiaro indirizzo e precise soluzioni, oppure preferiamo continuare a produrre documenti “collettivi” che portano in sé stessi i compromessi e le ambiguità delle interminabili riunioni che li hanno prodotti?Musica per le mie orecchie. Tuttavia questo presuppone almeno una base condivisa di metodo decisionale, che è la prima sfida essenziale che nasce, quando pensiamo a costituire un “coordinamento democratico”. Di solito questo viene invece “risolto” attraverso l'uso di metodi “naturali”: il carisma individuale di alcuni,i ruoli già posseduti altrove, le risorse personali o di gruppo..., il che significa uccidere la democrazia interna sul nascere.
- desideriamo che le proposte siano compatibili con l’idea di cittadinanza sovranazionale?
Questa è una evoluzione possibile, ma che ritengo non dovrebbe essere un fattore determinante. Lo vedo come una logica risultante di un impianto coerentemente democratico.
- ci impegniamo a valutare ex ante il rischio che gruppi minoritari, portatori di grandi interessi possano fare un “uso improprio” delle proposte di democrazia diretta in senso eversivo di quella rappresentativa?Altra vexata quaestio. Questa appartiene a quello che io chiamo “il rischio della democrazia”. Se non siamo disposti a correre questo rischio, allora saremo costretti a proteggere la democrazia con strumenti che rapidamente possono ugualmente essere usati per mettere sotto tutela il popolo stesso. Con ciò causando noi stessi il soffocamento della democrazia prima ancora che questi gruppi.
Credo sia stato l'errore di chi, anche in buona fede, al momento di scrivere la Costituzione, si preoccupava di tenere sotto controllo le idiosincrasie del popolo (in fondo sempre un po' bue e sempre manipolabile). Certo è che l'introduzione di questi strumenti di democrazia diretta, se incisivi e pregnanti, nel contesto in cui tutti i mezzi di comunicazione sono in mano a quei gruppi, fa temere il peggio. Ma, mi chiedo allora: perchè non sono loro stessi portatori di istanze (farlocche magari e strumentali) di democrazia diretta?
Credo che sia perchè la verità è che il popolo è bue e segue il gregge quando non ha responsabilità. La mancanza di responsabilità, genera, stimola, comportamenti irresponsabili.
Quindi se il popolo potesse decidere direttamente le proprie leggi, i comportamenti sarebbero molto ma molto più liberi dai condizionamenti di massa. Certi referendum (non tutti, ma alcuni chiaramente) lo hanno dimostrato: Il divorzio, i referendum di modifiche costituzionali (respinti nonostante le grandi maggioranze e i media che li sostenevano), i referendum sull'acqua pubblica e qualche altro.
Forse è persino vero che molti individui NON vogliono responsabilità e preferiscono avere libertà di lamentarsi ed attribuire incensi o pietre lapidarie al capo. Ma non credo sia la maggioranza. Se lo fosse, allora non avremmo speranza. Diversamente, non è certo che avremo un sistema migliore, ma almeno avremmo una chance.
- siamo disponibili a concordare e dichiarare quali siano i requisiti minimi di partecipazione civica che intendiamo realizzare con le nostre iniziative?
Sarebbe propro un bel risultato se ci riuscissimo.
E grazie dei tuoi stimoli interessanti.(*) Nota: su questo argomento ho scritto un po più in dettaglio qui
https://www.pinostrano.it/blog/delega-e-dd-cosa-significa-laggettivo-diretta/
e qui
https://www.pinostrano.it/blog/democrazia-diretta-e-democrazia-rappresentativa-cosa-veramente-sono/
Sì, ottime domande.
Credo che il modo migliore di apprezzare le domande sia cercare di dare loro una risposta.
Bisogna però che ci capiamo. Questa tavola rotonda non è centrata sui desiderata al fine di realizzare un sistema democratico ottimale. Se lo fosse stata allora, personalmente, non avrei neanche parlato di referendum. Avrei parlato di parlamento, o agora, globale (ogni cittadino un membro del parlamento), di diritto alla delega individuale e sempre revocabile per qualsiasi incarico esecutivo o di rappresentanza, di diritto di accesso e trasparenza assoluta di tutti gli atti pubblici e in particolare di governo, di diritto di accesso ai canali di comunicazione orizzontali e verticali e di suddivisione quantitativa delle risorse per la partecipazione. Magari organizzeremo un prossimo convegno su questo. Perchè queste tracce generali necessitano di specifici chiarimenti e risposte ad ovvi problemi che devono e possono essere chiariti e risolti nella loro implementazione.
Qui, ab origine, abbiamo limitato il campo agli strumenti referendari possibili e innestabili nella nostra traballante, ambigua e tuttavia (forse proprio per questo) non rispettata costituzione. L'unico articolo che sembra non sia stato (ancora) vituperato è forse l'art.12.
Alla luce di quanto sopra, ecco le mie personali risposte.
- intendiamo proporre forme di democrazia diretta per interagire cooperativamente con i
rappresentanti che sceglieremo, in un domani che sappiamo immaginare e vogliamo costruire,
oppure lo facciamo per bypassare antagonisticamente i parlamentari di oggi, che non
rappresentano alcuno?
Non fa molta differenza. Gli strumenti referendari dovrebbero consentire al popolo di esercitare la propria sovranità, direttamente, anche al fine di scegliere e modulare il tipo di relazione che si intende avere con i rappresentanti e il parlamento tutto. L'antagonismo non è verso i parlamentari di oggi, che finche persisterà la mancanza di ruolo reale e di esercizio della sovranità popolare, a mio parere resteranno necessariamente simili a quelli di domani.
- consideriamo le forme di democrazia diretta complementari oppure alternative rispetto a quelle della democrazia indiretta?
Vexata questio. Se usciamo dalle secche delle definizioni sostanzialmente indefinite di cosa sia la democrazia, e aderiamo, come io aderisco, alla visione procedurale della democrazia (come definita per es. da Anna Pintore e altri “proceduristi”), la democrazia rappresentativa è solo un caso particolare della democrazia “diretta”. “Diretta”, è tra virgolette, perchè a rigore non esiste niente di “diretto”. Tra la mia volontà e l'espressione efficace della stessa esiste sempre una mediazione, persino quando alzo la mia mano per dire sì o no. Essendo fondamentale soltanto che la volontà espressa sia la “mia” e non quella dello strumento che uso (che sia la mia mano, o la voce del rappresentante, o la manina su una chat). E' il controllo di questo processo che è fondamentale, il cosiddetto feedback, del processo cibernetico che rappresenta qualsiasi ciclo di governo. Nel caso di un governo di soli rappresentanti esso può essere ancora definito democratico se la regola della rappresentanza è modificabile su volontà “diretta” del popolo. Diversamente essa è una forma di oligarchia elettiva. (*)
Ma senza divagare, capendo il senso della domanda direi, che, in questa sede va considerata come complementare. Fermo restando che se gli strumenti referendari fossero efficaci, allora attraverso questo strumento si dovrebbe poter anche cambiare la regola della rappresentanza. Per questo motivo, appoggio questa iniziativa e i suoi futuribili sviluppi.
- intendiamo rispettare il divieto costituzionale sul “vincolo di mandato”?
Senza modificare alle radici l'intero impianto costituzionale, è inevitabile, e forse persino opportuno, rispettare questo divieto. Anzi bisognerebbe cercare di fare in modo che veramente lo fosse rispettato, visto che l'unico divieto che viene praticato è quello verso il corpo elettorale, che viene indiscutibilmente tradito ad ogni tornata elettorale per adeguarsi al volere delle segreterie da cui dipendono i ruoli degli eletti e la loro stessa ricandidabilità.
Un vincolo di mandato richiederebbe l'individuazione specifica dei mandatari, cosa credo irrealizzabile col voto segreto. Tuttavia per i ruoli monocratici, la revocabilità, potrebbe essere praticata. Non tanto per il mancato rispetto del vincolo (impossibile da giudicare in maniera oggettiva e indiscutibile), ma per la inadeguatezza o la sgradevolezza giudicata e valutata dallo stesso corpo elettorlae che lo ha assegnato.
- consideriamo importante verificare la coerenza tra le forme di democrazia diretta e il sistema elettorale?
Mi sembra importante, sì.
- ci impegniamo a proporre soluzioni specifiche a partire da una descrizione condivisa della storia/situazione/prospettiva del paese, oppure preferiamo importare modelli che ci sembrano più virtuosi del nostro e innestarli nella nostra realtà?
Nessuno veramente inventa cose del tutto nuove. O molto, ma molto, raramente. Inevitabilmente, e anche giustamente, si parte sempre da ciò che si conosce già, da ciò che esiste già. Chiaramente qualsiasi cosa si inventi, va adeguata alla nostra realtà. Per cui credo sia bene fare tesoro delle esperienze altrui, ma avendo ben chiaro ilo specifico del nostro paese.
- ci impegniamo a verificare la coerenza di ciascuna proposta, in questo caso i referendum, con l’intera proposta delle forme di democrazia diretta?
Per quanto mi riguarda, certamente..
- siamo pronti ad affidare a un gruppo/associazione il ruolo trainante su una specifica proposta – p.e. referendum – insieme alla responsabilità di coordinare le diverse istanze su quell’argomento e a sostenerne l’operato, oppure intendiamo usare il consesso per far prevalere una istanza, la nostra?
Questo confesso di non capire bene cosa si intenda.
Credo sia logico arrivare a costituire, se non un gruppo interamente omogeneo, almeno un chiaro e rispettato coordinamento sul tema. Ed è normale che ciascuno, gruppo o individuo, lavori per affermare le proprie convinzioni o proposte o istanze. La sfida è proprio questa: riuscire a trovare unità, nella diversità. Vecchio slogan (abilmente depotenziato e svalutato anche questo), ma assolutamente vero. La scelta di preferire una o l'altra organizzazione come perno del ccordinamento, è possibile, dipendendo dalla qualità della associazione che riuscisse realmente ad essere strumento e non padrone. Credo che qualsiasi associazione avesse questo ruolo, dovrebbe anche accettare una crisi trasformativa interna. Ma non escludo questo.
- ci impegniamo a fare una ricerca su quante associazioni di cittadinanza attiva si stanno occupando del nostri stessi temi e con quali proposte?
Certamente. Io, noi di “Scelgo Io!”, e credo anche altri lo facciamo e speriamo lo faremo ancora meglio. Per altro non siamo i soli a farlo.
- siamo disponibili a scegliere tra diverse proposte, ciascuna dei quali esprima un chiaro indirizzo e precise soluzioni, oppure preferiamo continuare a produrre documenti “collettivi” che portano in sé stessi i compromessi e le ambiguità delle interminabili riunioni che li hanno prodotti?
Musica per le mie orecchie. Tuttavia questo presuppone almeno una base condivisa di metodo decisionale, che è la prima sfida essenziale che nasce, quando pensiamo a costituire un “coordinamento democratico”. Di solito questo viene invece “risolto” attraverso l'uso di metodi “naturali”: il carisma individuale di alcuni,i ruoli già posseduti altrove, le risorse personali o di gruppo..., il che significa uccidere la democrazia interna sul nascere.
- desideriamo che le proposte siano compatibili con l’idea di cittadinanza sovranazionale?
Questa è una evoluzione possibile, ma che ritengo non dovrebbe essere un fattore determinante. Lo vedo come una logica risultante di un impianto coerentemente democratico.
- ci impegniamo a valutare ex ante il rischio che gruppi minoritari, portatori di grandi interessi possano fare un “uso improprio” delle proposte di democrazia diretta in senso eversivo di quella rappresentativa?
Altra vexata quaestio. Questa appartiene a quello che io chiamo “il rischio della democrazia”. Se non siamo disposti a correre questo rischio, allora saremo costretti a proteggere la democrazia con strumenti che rapidamente possono ugualmente essere usati per mettere sotto tutela il popolo stesso. Con ciò causando noi stessi il soffocamento della democrazia prima ancora che questi gruppi.
Credo sia stato l'errore di chi, anche in buona fede, al momento di scrivere la Costituzione, si preoccupava di tenere sotto controllo le idiosincrasie del popolo (in fondo sempre un po' bue e sempre manipolabile). Certo è che l'introduzione di questi strumenti di democrazia diretta, se incisivi e pregnanti, nel contesto in cui tutti i mezzi di comunicazione sono in mano a quei gruppi, fa temere il peggio. Ma, mi chiedo allora: perchè non sono loro stessi portatori di istanze (farlocche magari e strumentali) di democrazia diretta?
Credo che sia perchè la verità è che il popolo è bue e segue il gregge quando non ha responsabilità. La mancanza di responsabilità, genera, stimola, comportamenti irresponsabili.
Quindi se il popolo potesse decidere direttamente le proprie leggi, i comportamenti sarebbero molto ma molto più liberi dai condizionamenti di massa. Certi referendum (non tutti, ma alcuni chiaramente) lo hanno dimostrato: Il divorzio, i referendum di modifiche costituzionali (respinti nonostante le grandi maggioranze e i media che li sostenevano), i referendum sull'acqua pubblica e qualche altro.
Forse è persino vero che molti individui NON vogliono responsabilità e preferiscono avere libertà di lamentarsi ed attribuire incensi o pietre lapidarie al capo. Ma non credo sia la maggioranza. Se lo fosse, allora non avremmo speranza. Diversamente, non è certo che avremo un sistema migliore, ma almeno avremmo una chance.
- siamo disponibili a concordare e dichiarare quali siano i requisiti minimi di partecipazione civica che intendiamo realizzare con le nostre iniziative?
Sarebbe propro un bel risultato se ci riuscissimo.
E grazie dei tuoi stimoli interessanti.
(*) Nota: su questo argomento ho scritto un po più in dettaglio qui
https://www.pinostrano.it/blog/delega-e-dd-cosa-significa-laggettivo-diretta/
e qui
https://www.pinostrano.it/blog/democrazia-diretta-e-democrazia-rappresentativa-cosa-veramente-sono/